Geremia Rifkin non è un profeta come il suo antico omonimo della Bibbia. Quello che nella Israele del sesto secolo avanti Cristo, invasa da Nabucodònosor II di Babilonia, ne prediceva la rovina, ammonendo inutilmente i re incapaci che si avvicendavano sul trono di David. Non che ai nostri giorni ne mancherebbe il motivo, con gli attuali capi di Stato che assistono quasi indifferenti ai danni prodotti all’economia e all’ecologia del pianeta dall’insipienza politica dei loro governi. No, mentre i mali che affliggono il mondo globalizzato – crisi economica, disoccupazione, povertà, fame e guerre – sembrano aggravarsi anziché risolversi, Geremia Rifkin continua da più di vent’anni a dimostrare e documentare le ragioni del suo ottimismo.
Presidente della Foundation of economic Trends di Washington e uno dei massimi esperti mondiali sul rapporto tra l’evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l’ambiente e le cultura, continua a decretare, dopo trent’anni di studi e di ricerche sul campo, la fine dell’era del carbonio e l’alba della Terza Rivoluzione Industriale (TIR). Convinto che, come oggi centinaia di milioni di persone in tutto il mondo condividono informazioni attraverso internet, così nel giro di un decennio o poco più produrranno energia verde a casa propria, negli uffici e nelle fabbriche. E le condivideranno tra loro secondo i bisogni di ciascuno. Perché tutto questo sarà accompagnato da una vera rivoluzione culturale, dallo sviluppo di una coscienza “biosferica”.
Anche quest’ultimo libro, come il precedente dedicato alla “Terza Rivoluzione Industriale” e ai suoi cinque pilastri, sostiene – basandosi su un campione incredibilmente vasto di situazioni e dati di fatto analizzati anche con una certa pignoleria – che il capitalismo è sul viale del tramonto, sostituito da un modello diverso di convivenza, quello dei “beni comuni associativi”.
La politica, anche quella che si qualifica progressista e riformista ma non riesce ad alzare lo sguardo al di là di faccende e interessi immediati, non dovrebbe trascurare quei segnali che Jeremy Rifkin e altri studiosi come lui pongono alla nostra attenzione e che probabilmente corrispondono alle attese e procurerebbero il consenso di milioni di giovani.
Il discorso vale anche per l’informazione. Spero di fare, nel mio piccolo, una cosa utile ai miei lettori riportando, della traduzione italiana del libro, i brani che ho sottolineato come più significativi. Iniziative analoghe prese per altri libri hanno ottenuto in passato un certo successo e anche questa piccola fatica potrebbe valere la pena.
Quanto al mio giudizio nel merito, penso che la strada indicata da Rifkin possa essere quella giusta per farci uscire da una crisi sempre più evidente del capitalismo finanziario nella più recente versione neoliberista. Ma non darei tutto per scontato come sembra fare l’autore della “Società a costo marginale zero”. Il motivo è lo stesso indicato dal grande sociologo Zygmund Bauman, tre anni fa, quando è stato chiamato a commentare in un convegno la prima edizione del libro. “Quella dello sviluppo tecnologico non è una strada a senso unico – disse – e meno ancora è disegnata e predisposta in anticipo sulla sua costruzione. Rifkin presenta i beni comuni collaborativi come l’unico scenario, la cui implementazione è assicurata con certezza grazie alla logica della tecnologia.
“Cosa gli umani possano fare è forse una domanda che può e deve essere rivolta alla tecnologia. Cosa gli umani faranno, però, è una domanda che andrebbe piuttosto rivolta alla politica, alla sociologia, alla psicologia – e la risposta ultima probabilmente non si potrà dare se non a posteriori…”. Aiutiamoci allora a farle, queste domande. Buona lettura (nandocan).
L’Internet delle cose, l’ascesa del “Commons”
collaborativo e l’eclissi del capitalismo
I
Il grande salto di paradigma dal capitalismo di mercato al Commons collaborativo
- Il capitalismo sta producendo una filiazione: l’economia della condivisione nel Commons collaborativo. E’ il primo nuovo sistema economico ad affacciarsi sulla scena mondiale dall’avvento del capitalismo e del socialismo, agli inizi del XIX secolo, e questo ne fa un evento storico.
- Nella misura in cui saprà creare nuovi modelli e nuove prassi di impresa che sosterranno nel suo sviluppo economico l’economia della condivisione, il capitalismo sopravviverà, continuando a vivere accanto alla sua filiazione.
- Il sistema capitalistico, per oltre 10 generazioni narrazione predominante della natura umana E quadro organizzativo generale della quotidianità commerciale, ha ormai raggiunto il picco e iniziato il suo lento declino… entro il 2050 diventerà nella maggior parte del mondo il principale arbitro della vita economica.
- Stiamo per entrare in un mondo parzialmente senza mercati, dove impareremo a vivere gli uni accanto agli altri in un Commons collaborativo globale sempre più inter dipendente.
Parte prima
LA STORIA NON NARRATA DEL CAPITALISMO
II
La recinzione delle terre pubbliche in Europa e la nascita dell’economia di mercato
III
Il connubio tra il capitalismo e l’integrazione verticale
IV
La natura umana attraverso l’ottica del capitalismo
Parte seconda
LA SOCIETA’ A COSTO MARGINALE QUASI ZERO
V
Produttività estrema,Internet delle cose ed energia gratuita
VI
La stampa 3D: dalla produzione di massa alla produzione delle masse
VII
I MOOC e l’istruzione a costo marginale zero
VIII
L’ultimo lavoratore
IX
L’affermarsi del prosumer e la costituzione della smart economy
Parte terza
L’ASCESA DEL COMMONS COLLABORATIVO
X
La commedia dei Commons
XI
I collaborativisti si preparano alla battaglia
XII
La lotta per definire e controllare l’infrastruttura intelligente
Parte quarta
IL CAPITALE SOCIALE E L’ECONOMIA DELLA CONDIVISIONE
XIII
Il passaggio dal possesso all’accesso
XIV
Crowdfunding, capitale sociale, democratizzazione della moneta,
umanizzazione dell’imprenditoria e ridefinizione del lavoro
Parte quinta
L’ECONOMIA DELL’ABBONDANZA
XV
La cornucopia della sostenibilità
XVI
Uno stile di vita biosferico
Postfazione
Una nota personale