In queste pagine ho messo una serie di pensieri e massime che ho liberamente estratto dal libro di Raimon Panikkar “Mistica pienezza di vita”, dove per mistica si intende l’esperienza personale del mistero che avvolge tutti, credenti e non credenti. Chi legittimamente teme l’arbitrarietà della mia selezione, sia pure priva di aggiunte e commenti, può consultare il testo di Panikkar “Mistica pienezza di vita”, e dito da Jaca Book. Una breve presentazione dell’autore è nella pagina “Meditando Panikkar”. Un sito in cinque lingue cliccando qui
- Io propongo di chiamare mistica la totalità dell’esperienza. Il mistico scopre l’eternità nell’istante – e continua con passione il gioco della Vita.
- La sede della mistica non è nella stratosfera, ma su questa “terra degli uomini” anche se il mistico ha l’audacia di scalarne le vette più alte.
- Lo stesso dire è avvolto da un velo ultimo che la parola non può sollevare dal momento che essa stessa è il velo che ri-vela la realtà proprio velandola.
- I veri mistici non si preoccupano di svelare il mistero, perché, anche se levassero il velo, né gli occhi dei sensi né quelli della mente vedrebbero nulla.
- La realtà non può essere puramente oggettiva ( siamo in essa) né meramente soggettiva (ci trascende). La mistica continua ad attrarre per la sua stessa pericolosità e ambiguità.
- Ogni parola è una quaternità formata da colui che parla, colui cui si parla, ciò di cui si parla e dalla materialità del parlare.
- La realtà trascende la sfera del linguaggio razionale. Affinità tra la mistica e il linguaggio artistico, in particolare quello poetico.
- L’intenzionalità del linguaggio mistico è quella di trasportarci ad un livello ultimo di realtà, generalmente nascosto a chi non sappia contemplare. La mistica come esperienza della vita.
- Il ruolo fondamentale del simbolo: farci giungere alla “intuizione immediata” che unisce a-dualisticamente – il soggetto all’oggetto. Con la cosiddetta modernità la fede ha cessato di essere un’esperienza per diventare un sistema di credenze. Da qui all’ideologia il passo è breve.
- Se l’uomo non è anche spirito la selezione naturale, benché non rigorosamente scientifica, appare come la più verosimile.
- Ogni affermazione umana è provvisoria e contingente, L’esperienza mistica è non solo ineffabile ma anche immediata e la sua immediatezza si distrugge se ri-flettiamo su di essa.
LA MISTICA È L’ESPERIENZA INTEGRALE DELLA REALTÀ
- La mistica è esperienza della realtà come un tutto (integrale) che ci si presenta nella sua pienezza anche se il nostro accesso è parziale e la interpretiamo dalla nostra angolazione concreta.
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Quando il nostro pensiero razionale si accompagna all’ esperienza abbiamo la nozione di fiore, ma non possiamo fare l’esperienza completa del fiore senza sperimentare tutto ciò che il fiore è .
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La mistica è un’esperienza a-dualistica, non afferma e non nega, semplicemente vede.
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Di ciò che non si può capire non possiamo dire anche che non può essere ( a meno che non ci confessiamo discepoli di Parmenide).
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Il possibile e l’impossibile sono categorie della mente, non dell’essere. L’esperienza mira all’essere.
L’ESPERIENZA È IL TOCCO COSCIENTE DELLA REALTÀ
- Ciò che è importante è che nell’esperienza il dato si riceve, si accoglie, si “soffre”, anche se poi ricevendolo lo si trasforma.
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La mediazione è una relazione interna e costitutiva tra due poli in quanto poli. Un polo non è tale senza l’altro. Ma non possiamo conoscere razionalmente i due poli simultaneamente.
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Cogito ergo sum. La tentazione parmenidea di identificare l’essere con il pensante è grande. Se si rinuncia alla mediazione e si vuole evitare il monismo, si cade nell’agnosticismo totale.
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Nel renderci conto che la realtà è dialetticamente inafferrabile stiamo già aprendoci alla coscienza che la realtà trascende il potere della comprensione razionale – vale a dire, superiamo il dogma di Parmenide.
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L’esperienza della realtà è senza costruzione mentale e pertanto anteriore a ogni nome e a ogni forma. Il linguaggio trasforma la realtà in costrutto mentale.
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Tanto l’esperienza razionale quanto quella spirituale sono state eluse nella cultura moderna, predominantemente tecnocratica e razionale.
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L’esperienza non tocca la realtà, noi siamo la realtà, anche se in un punto tangenziale senza dimensioni.
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L’uguaglianza delle radici indoeuropee tra conoscere e generare. La fede (oculus fidei, il terzo occhio) non sta nelle asserzioni ma nell’esperienza da non confondere con la credenza.
LA REALTA’ NON E’ NE’ SOGGETTIVA NE’ OGGETTIVA: E’ IL NOSTRO MYTHOS
- Non possiamo conoscere la realtà in quanto tale, dato che essa non è oggetto (di conoscenza) ed è lei che ci permette di essere coscienti di ciò che il logos presenta alle nostre coscienze. Siamo coscienti dei diversi enti che si presentano alla nostra coscienza, ai quali attribuiamo gradi distinti di realtà secondo i nostri criteri mentali.
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Ogni parola è parola all’interno di un mithos – questo “vento” che soffia dove, come e quando vuole – come suo orizzonte. Possiamo parlare della realtà solo miticamente.
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L’esperienza dell’armonia è un’esperienza primordiale irriducibile all’unità e alla molteplicità. Coscienza della relazione “in sé” non in quanto enti che si realizzano.
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La coscienza mistica è una coscienza amorosa.
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Diamo per scontata la realtà quando indaghiamo su di essa. Affermando che la realtà è il nostro mithos diciamo che è la nostra presupposizione fondamentale che da un senso alla domanda su di essa.
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L’esperienza mistica vede il tutto in una parte concreta della realtà. A questo tutto possiamo dare nomi diversi: Dio, il nulla, l’essere, anche se appare sotto le forme di Bene, Bellezza, Vita, Giustizia, Amore o altro – cui alcuni oserebbero aggiungere anche il Male.
IL MYTHOS E’ L’ORIZZONTE ULTIMO DI PRESENZA, IL PRIMO GRADINO DELLA COSCIENZA
- Per monoculturalismo si intende la credenza che una sola cultura (con le sue varianti accidentali) sia capace di cogliere la totalità della condizione umana.
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Il mithos è come una cornice nella quale inseriamo tutto ciò di cui siamo coscienti grazie al nostro logos. Crediamo talmente in esso da non sapere nemmeno che vi crediamo.
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Il mithos iniziale dal quale si parte già si sgretola per intromissione del logos, il quale però non si arresta finché non trova un altro mithos che non mette ancora in discussione. Demitizzazione e rimitizzazione. Dio come mithos primordiale.
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La coscienza è il luogo in cui qualcosa ci si rende presente. Questa coscienza di una presenza in quanto presenza e non in quanto intellegibile sarebbe la presenza opaca della mera esistenza di un “qualcosa” che non interpreta ma crede (mithos). Non posso comprendere qualcosa che non comprendo ma posso essere cosciente del fatto che non lo comprendo.
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Nel mithos troviamo il nostro appoggio e non domandiamo altro. Questa fiducia nel mithos è la mistica. Che la parousia dei vangeli sia stata tradotta in avvento dalla cultura latina è segno della perdita di senso mistico ( e della tempiternità).
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Voler provare l’esistenza di Dio con la ragione sarebbe puro razionalismo.
LA COSCIENZA E’ COSCIENZA DI ENTI,DI SE STESSA, DI ASTRAZIONI O PURA COSCIENZA
- Si è coscienti di qualcosa e questo qualcosa appare necessario perché vi sia coscienza. La natura di questo qualcosa ci può apparire vaga, ma l’esistenza di un qualcosa di sconosciuto è una conoscenza, anche se il contenuto ci può apparire oscuro.
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C’è una pura coscienza? (non coscienza di). Domanda fondamentale per una delucidazione della mistica. La pura presenza trascende tanto la coscienza quanto la scienza – è immediata, è l’esperienza, non cosciente di se stessa.
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L’io non è il sé, forse non è un individuo ma una relazione. Non c’è un io senza un tu, che non è altro, ma l’altra parte dello stesso io.
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La pura coscienza non si distingue dagli oggetti di cui è cosciente né dal soggetto che la possiede. Per paradosso sono cosciente di essa una volta che è passata. “Dio lo si vede soltanto di schiena”.
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Il ri-cordo è tornare a porre le cose nel nostro cuore – come reali. Nel ricordo partecipano la conoscenza e l’amore. Lo spirito permette di essere coscienti di ciò di cui non si può parlare e che non si comprende.
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Il riconoscimento di questo qualcosa di non riducibile al linguaggio non è l’esperienza mistica ma la sua riduzione al noema razionale.
LA PURA COSCIENZA E’ L’ESPERIENZA DI UNA PRESENZA PIENA D’AMORE
- Antropologia dualista: sottomette il corpo alle esigenze dell’anima – origine di tanti ascetismi negativi.
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Armonia intrinseca del tutto, non esiste un elemento superiore a un altro. Pascal: “Qui veut faire l’ange fait la bete“.
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L’esperienza cosciente della realtà ( che non esclude né la sofferenza né il male) è colma dell’amabilità della vita – nel suo senso più letterale.
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L’amore non giudica. Ciò che con la sola ragione sarebbe una condanna con l’esperienza mistica suscita la compassione. La giustizia nasce dalla pace e non viceversa.
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Shanti, shanti, shantich (pace, pace,pace). Non si può cantare gloria al creatore se si maledice la creazione. L’amore di Dio e del prossimo non solo sono inseparabili, ma non sono nemmeno due.
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La saggezza è l’armonia tra l’attuazione della bellezza e l’aspirazione alla verità. La coscienza pura scopre l’apparenza come apparenza e allora è libera di giocare con essa. Il vero amore unito alla conoscenza ci consente la lila, il gioco umano-divino.
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Questa esperienza del fatto che non v’è amore senza conoscenza né conoscenza senza amore è una porta sulla mistica ma bisogna aprirla.
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Questa dicotomia tra un amore sensuale (erotico) e un altro spirituale (agapico) è stata fatale nell’interpretazione dell’esperienza mistica – senza, per di più, aver senso filologicamente.
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Solo il tutto è compatibile con il nulla. Gli estremi si toccano – perché né il tempo né la realtà sono rettilinei. Unitamente alla conoscenza concettuale esiste la conoscenza simbolica che esiste solo se partecipata nell’amore.
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L’altro non è il tu. L’altro è scoperto dall’intelletto, il tu dall’amore. Non c’è mistica senza amore e non c’è amore senza l’uscita da se stessi verso l’amato.
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La mistica non è esente dalle “male erbe”. La corruzione del migliore è la peggiore.
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Il giudizio ultimo non spetta a nessuno.
CIO’ CHE CHIAMIAMO ESPERIENZA E’ IL RISULTATO DI MOLTEPLICI FATTORI
- L’esperienza mistica non separa l’immanenza dalla trascendenza
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La pura esperienza non si conosce né per induzione né per deduzione.
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Dell’ineffabile si può parlare solo come menzogna – sperando che l’ascoltatore se ne accorga (cessando quindi di essere menzogna). Ma può accorgersene solo chi ha fatto esperienza mistica.
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Dire che solo l’esperienza cristiana o quella teista è quella valida implica riferire alla pura esperienza attributi che non le appartengono in quanto pura esperienza. Gli autentici mistici non discutono.
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Il pluralismo non è un concetto ma un atteggiamento.
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Il nulla non è (neppure nulla). Il discorso sul nulla trascende il principio di non contraddizione ma non lo nega. L’esperienza della vacuità, come quella dell’essere, è un’esperienza primordiale.
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Il Nulla è il nocciolo dell’esperienza mistica. La dimensione mistica della realtà è più connaturata al buddismo che alle filosofie dell’Essere.
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Nelle “filosofie del Nulla” non esiste un luogo metafisico per il “dover essere”, in ultima analisi per l’etica in quanto tale – il che non significa che sono immorali.
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Nelle parole, che ho chiamato umane perché sgorgano dal profondo dell’uomo e non da un paradigma artificiale, ogni referente è inseparabile dal referenziante.
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Il vocabolo non è la cosa ma senza una parola (sulla cosa) la tal cosa non esiste. L’essere abita nella parola e la parola è abitata dal pensiero. L’essere parla e il pensiero ascolta.
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La Parola, che è tale solamente quando la si pronuncia, la si ascolta e la si comprende, è la primogenita della realtà, mediatrice e non intermediaria, ma può rivelare solo tacendo, ha bisogno del silenzio.
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Quando viviamo un’esperienza è il suo perdurare nella memoria che ci consente di parlarne, ma la memoria deforma o almeno trasforma l’esperienza, così come può farcela rivivere.
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L’esperienza rivissuta è diversa, perché il soggetto è cambiato. Ogni esperienza è inseparabile dal soggetto che la vive, dunque non è trasferibile.
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Ogni esperienza umana , per quanto “mistica”, è un’esperienza corporale. Tanto nella memoria quanto nell’interpretazione il corpo ha un ruolo da svolgere.
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Possiamo distinguere ma non separare l’esperienza dalla sua interpretazione. Ogni esperienza, in quanto primaria, è irriducibile alla sua interpretazione.
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La mentalità contemporanea confonde l’esperienza con la sua interpretazione e l’interpretazione con la conoscenza della sua genesi.
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Una “conoscenza” senza amore, la si definisca intellettuale o filosofica, si limita a imbastire relazioni tra diversi pensieri e a trovare fra loro connessioni teoriche con, però, poca o nessuna rilevanza né per la vita particolare dell’individuo né per l’esistenza umana – a meno che qualcuno incarni quelle idee nella sua esperienza. Questo è il degrado della filosofia svincolata dalla sua dimensione mistica. La sola ragione non è esperienza, se si limita a trovare nessi tra idee e non si lascia fecondare dall’amore.
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L’esperienza autentica trasforma la nostra vita, penetra nel Corpo Mistico della realtà. “L’esperienza è madre della scienza”.
SIAMO COSCIENTI DI UNA TRIPLICE ESPERIENZA: SENSIBILE, INTELLEGIBILE E SPIRITUALE
- La realtà è “una senza secondo”, il principio di tutte le cose è la trinità.
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L’uomo è un’immagine della realtà, così come la realtà è un’immagine dell’uomo.
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I tre occhi (carnis, mentis, fidei).
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La mistica non è riducibile alla visione del terzo occhio. “Captiamo” in ogni momento la realtà, ma il “tutto” non esiste, è un mero concetto. Il mistero ci avvolge (utilizzando un altro simbolo).
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Nella realtà non vi è niente che prevale: non i sensi sull’uomo (materialismo), non la mente sui sensi, come voleva Platone, né la fede sull’intelletto come voleva una certa teologia medievale.
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Ogni uomo è potenzialmente un mistico in quanto ogni essere umano è capace di scoprire la realtà intera in ciascuna delle sue particelle.
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L’oggetto in quanto tale non sta in me. La sua conoscenza esige però di assimilarlo, cioè di convertirlo in soggetto e per questo bisogna anche amarlo. Un’esperienza corporale, mentale e spirituale – in unione advaita.
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I mistici delle aree culturali monoteiste rafforzano la dicotomia tra la mistica naturale e quella soprannaturale, tra la ragione e la fede, tra la scienza e la teologia, tra la vita civile e quella religiosa, tra il normale e il paranormale e così via.
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L’interpretazione individualista dell’esperienza mistica come frutto della cultura della specializzazione. E’ questo mito dell’individualismo che ha praticamente eliminato la trinità dalla spiritualità cristiana.
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Una comunione mistica con tutta la realtà e in particolare con gli uomini, che non è comunità di idee o di ideali, ma comunione nell’esperienza della Vita. Per questo amore di Dio e amore del prossimo sono lo stesso amore.
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La mistica ci dice che nella realtà c’è qualcosa che non è subordinato alla ragione e non è tenuto a rispettare il principio di non contraddizione. Un tocco (immediato) con tutta la realtà attraverso un’esperienza concreta, che può assumere varie forme.
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La contemplazione del bello ci trasforma e divinizza. E’ un’esperienza mistica quando è il tocco completo con il reale.
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Far partecipare il corpo alla felicità dello spirito e associare lo spirito al piacere del corpo è un’arte mistica. Tuttavia chi ha più sviluppato il senso mistico gode di più, ma anche soffre di più.
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Il fine proprio di ogni filosofo è l’intuizione “mistica” (Nietzsche).
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L’esperienza mistica abbraccia tanto la coscienza sensibile quanto quella intellettuale e spirituale in a-dualità armonica, sebbene in distinti gradi.
L’ESPERIENZA M. E’ IN RELAZIONE DIRETTA CON LA TOTALITA’ DELLA CONDIZIONE UMANA
- Conosci un te stesso che abbracci tutta la realtà. Chi conosce se stesso conosce tutte le cose (Meister Eckhart).
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Questo sarebbe l’esperienza mistica: l’esperienza della Vita (sensibile, intellettuale, spirituale), aperta a “ogni uomo che viene in questo mondo”.
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La conoscenza e l’amore sono inseparabili. Dio, uomo e mondo formano una relazione a-dualista e quindi non triteista né trisustanzialista. Conoscenza di tutte le cose in se stessi e di se stessi in tutte le cose.
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La visione mistica comprende sia l’Altro (alter) sia Me Stesso, sia l’Umanità e la Terra sia il Divino. E’ l’esperienza cosmoteandrica. Il resto è riduzionismo.
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C’è un “regno”, una dimora interiore, nella quale la gioia è invincibile. Il mistico non è insensibile al dolore umano, però è realista e non ammette la tragedia, soprattutto quella della morte.
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La morte è la fine temporale dell’individuo e l’immortalità è l’esperienza tempiterna di una vita che non muore – sempre che non pretendiamo di esserne i proprietari privati. L’esperienza dell’eternità in ogni momento temporale della nostra esistenza.
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Non c’è vera azione senza contemplazione né autentica contemplazione senza azione.
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Il mistico si coinvolge in tutti i problemi umani senza ontologizzarli e mostra così un’indipendenza sovrana nei confronti di tutti gli eventi umani e di tutti gli ordinamenti giuridici: non si sente vincolato a nulla, è libero. Per questo la mistica è anche pericolosa.
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La ragione svolge una funzione naturale di veto, di modo che ciò che è irrazionale crea nell’uomo disagio e infelicità. Ma il motore delle azioni umane non è la ragione ma l’istinto, la passione, l’odio e l’amore.
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Non tutta la realtà è conoscibile. Paradossalmente, il male è il grande antidoto della ragione, ci rivela l’esistenza di qualcosa che, se lo potessimo comprendere, cesserebbe di esistere come male.
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La religione è la coscienza di avere un legame e cioè la relazionalità del Corpo Mistico della realtà – la si chiami del Budda, di Cristo, karman o semplicemente solidarietà.
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L’etica sorge non per deduzione o induzione ma per connaturalità con l’ethos stesso dell’uomo. La crisi etica del nostro tempo si deve alla pretesa di dare all’etica fondamenti sociologici senza avere il coraggio di toccare il suo fondamento antropologico.
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La mistica è disinteressata, le azioni si compiono per se stesse…e l’escatologia di una temporalità lineare ha perduto gran parte della sua credibilità. Senza la visione mistica il fine giustifica i mezzi.
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Ecosofia è quella saggezza che ci fa sentire che la Terra è anche un soggetto e ancor più una dimensione costitutiva e definitiva della realtà.