In queste pagine ho messo una serie di pensieri e massime che ho liberamente estratto dal libro di Raimon Panikkar “Mistica pienezza di vita”, dove per mistica si intende l’esperienza personale del mistero che avvolge tutti, credenti e non credenti. Chi legittimamente teme l’arbitrarietà della mia selezione, sia pure priva di aggiunte e commenti, può consultare il testo di Panikkar “Mistica pienezza di vita”, edito da Jaca Book. Una breve presentazione dell’autore è nella pagina “Meditando Panikkar”. Un sito in cinque lingue cliccando qui
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Per esperienza si intende la consapevolezza di ogni contatto immediato con la realtà. La coscienza (il pensiero) di un’esperienza non è l’esperienza. L’esperienza perfetta significherebbe che non c’è alcuna differenza o distinzione di sorta tra il soggetto che esperimenta e l’oggetto sperimentato.
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La triplice coscienza umana (sensoriale,intellettuale e mistica) corrisponde all’aspetto triadico della realtà. Ogni atto umano conscio presenta, in misura più o meno grande, queste tre dimensioni (cosmica, umana, divina).
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Ogni esperienza autentica esclude una qualsivoglia coscienza di distanza tra l’oggetto e il soggetto. Quando compare, l’esperienza pura è incontrovertibile (a differenza della conoscenza).
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Ogni esperienza – sensoriale,intellettuale, o spirituale – funziona in effetti come un mito. Ogni spiegazione la distrugge. Si crede nel mito come si crede nell’esperienza, senza rendersene conto. Se visitati dal logos, mito ed esperienza retrocedono ad un livello più profondo.
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Quando superiamo un mito, un altro subentra al suo posto, anche se forse a un livello più profondo.
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Due possibilità logiche: dobbiamo scegliere la rigidità senza tempo di valori permanenti o la rivoluzione caotica del relativismo totale?
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Il simbolo rappresenta l’intera realtà come appare e si manifesta attraverso la sua struttura molteplice (esperienza, manifestazione = coscienza sensoriale, interpretazione = coscienza intellettuale).
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In ultima analisi essere non è altro che simbolo, che media tra oggetto e soggetto.
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L’esperienza è incompatibile con la mia consapevolezza di essa. Nessuna consapevolezza critica riesce a essere un’esperienza, perché è tipico della critica essere conscia di se. Nell’esperienza suprema non solo l’oggetto ma anche il soggetto non esiste più (e nemmeno l’esperienza).
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L’esperienza suprema è mera coscienza, una consapevolezza che non è consapevole di essere consapevole, un’infinita ignoranza.
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Io attraverso il simbolo in contatto con la sua materia primordiale, con la realtà ultima che è alla base di tutto.
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Una volta che ha afferrato l’uomo l’esperienza suprema lo trasforma completamente: egli non può essere lo stesso di prima. E’ una morte e una resurrezione.
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La storia orientale e quella occidentale non sono più dei sistemi chiusi. Solo se Oriente e Occidente saranno intesi come categorie antropologiche troveranno la loro giustificazione, il loro posto e valore nel mondo attuale. Ogni persona umana ha un oriente e un occidente.
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L’ortodossia non può essere il valore supremo. Distinguere fra relativismo agnostico (atteggiamento dogmatico come reazione a un altro dogmatismo) e una relatività realistica, che consenta di integrare non solo le esigenze del logos ma anche la realtà del mito e la libertà dello Spirito.