Gli oroscopi

“J’en voy qui estudient et glosent leur Almanachs, et nous en alleguent l’authorité aux choses qui se passent. A tant dire, il faut qu’ils dient et la verité et le mensonge: ‘Quis est enim qui totum diem jaculans non aliquando conlinet.’ Je ne les estime de rien mieux, pour les voir tomber en quelque rencontre: ce seroit plus de certitude, s’il y avoit regle et verité a mentir tousjours” (Essais,I,XI).

(Vedo alcuni studiare e glossare i loro almanacchi, e mostrarcene l’autorità dai fatti che succedono. Poiché dicono tante cose, bisogna pure che essi dicano e il vero e il falso: ‘Quis est enim qui totum diem jaculans non aliquando conlineet’ (Cicerone, De divinatione). Io non li stimo davvero di più perché li vedo cogliere qualche volta il segno: ci sarebbe più certezza se ci fosse regola e verità nel mentire sempre” (Saggi,XI,pag.58).

Agli oroscopi non credo. Non ci ho mai creduto. Ma l’impulso di leggerli,e non solo per curiosità, quello confesso di averlo avuto. Con gli anni, ho anche imparato a non crocefiggermi troppo per questi “peccati contro la ragione”, che in età giovanile mi procuravano scandalo. Se spesso prendiamo lucciole per lanterne, è perché il buio, che è poi condizione naturale dell’esistenza, ci è insopportabile. Gli oroscopi sono “lucciole”, come tante altre ce ne sono che invece hanno vestito dignità di “fedi”. Più rozze e improbabili,certo, rispetto a queste ultime, ma anche assai meno impegnative e,tutto sommato, innocue. Se hanno tanto successo, perfino sui rotocalchi a diffusione non popolare, una ragione deve esserci. Che siano in molti a dar qualche fondamento di serietà a pronostici così ingenui e stereotipati non credo, ma non credo neppure che li leggano solo perché li trovano divertenti, come pure a volte vorrebbero farci credere. Lo fanno, io penso, per un bisogno semplice di conforto. Colti o ignoranti, abbiamo tutti bisogno di essere rassicurati, e se di fronte a una scelta difficile siamo disposti ad affidarci al lancio di una monetina, perché la profezia strampalata di un successo in affari o in amore, o qualche generica ammonizione di elementare buon senso non dovrebbe servire a spegnere la paura del buio? Non sarà certo l’oroscopo a dettare la scelta, almeno nella maggior parte dei casi. Essa ha già le sue motivazioni, che risiedono probabilmente nell’inconscio prima che nel ragionamento, ma per l’uomo, a differenza che per gli altri animali, la scelta deve poi essere spiegata alla coscienza, e a questo può servire il ragionamento o, in alternativa, l’astrologia. Mi chiedo se gli oroscopi avrebbero lo stesso successo quando le previsioni fossero ritenute scientificamente esatte, quando cioè ciascuno, leggendo il proprio, fosse sicuro di trovarvi, fin nei particolari, il destino che lo attende. Per quanto mi riguarda, non so se resisterei alla tentazione di leggerlo, ma sono lieto di non avere questa possibilità. Bello o brutto che fosse, l’avvenire già noto non avrebbe sapore. Del resto, non risulta che le previsioni scientifiche abbiano altrettanto seguito che gli oroscopi, neppure fra quanti avrebbero il dovere di prenderle seriamente. L’imprevidenza è il peccato più spesso rimproverato a tutti i governanti. Se gli elettori, specie quelli italiani, non lo puniscono con severità, è segno che non lo considerano un peccato mortale. Credere alla capacità umana di prevedere razionalmente il futuro e comportarsi di conseguenza vuol dire accettare le proprie responsabilità, ma anche soffrire i complessi di colpa che la sociocultura ci infligge. Una moderata credenza nel destino serve a placare in parte la propria ansia di fronte alle scelte della vita. Solo chi è sufficientemente istruito sui vincoli che vengono dall’inconscio, anziché dalle stelle, non ha più bisogno di essere fatalista.

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