di Paul Krugman, International Herald Tribune, 27 febbraio 2013* –
Ma la fata della fiducia non si è fatta vedere. Le nazioni a cui è stata imposta una dura austerità stanno attraversando profonde crisi economiche; maggiore l’austerità, maggiore la depressione. Questa relazione è stata così forte che anche il Fondo Monetario Internazionale, in un forte mea culpa, ha ammesso che è stato sottovalutato il danno che l’austerità avrebbe prodotto. Nel frattempo, l’austerità non ha neppure raggiunto l’obiettivo minimo di ridurre il costo del debito. Al contrario, i paesi che hanno intrapreso politiche di dura austerità hanno visto aumentare il rapporto del debito pubblico sul Prodotto Interno Lordo, poiché la contrazione delle loro economie ha sopravanzato ogni riduzione degli interessi sul debito.
E poiché le politiche di austerità non sono state compensate da una politica di espansione perseguita altrove, l’economia europea nel suo insieme, che non ha mai recuperato dal crollo del 2008-2009, è caduta in una recessione con tassi di disoccupazione in rapida crescita. L’unica buona notizia è che il mercato degli interessi sul debito pubblico si è calmato, largamente grazie alla proclamata volontà della Banca Centrale europea di comprare debito pubblico qualora si fosse reso necessario. Come risultato, il crollo finanziario che avrebbe distrutto l’euro è stato sventato. Ma quale freddo conforto per i milioni di europei che hanno nel frattempo perso il loro lavoro e nutrono scarse speranze di trovarne uno nuovo.
Dato tutto questo, ci si sarebbe aspettati un qualche ripensamento da parte dei gruppi dirigenti europei, qualche sprazzo di flessibilità. Invece i principali responsabili di questa politica sono diventati ancor più insistenti nel dire che l’austerità è l’unica via perseguibile.
Perciò nel gennaio 2011 Olli Rehn, vicepresidente della Commissione Europea, ha lodato i programmi di austerità di Grecia, Spagna e Portogallo e predetto che il programma Greco in particolare avrebbe dato “risultati duraturi”. Da allora i tassi di disoccupazione si sono impennati in tutti e tre i paesi, ma nel dicembre del 2012, il Sig. Rehn ha pubblicato un editoriale dal titolo “L’Europa deve proseguire con le politiche di austerità” . E’ la risposta del Sig. Rehn a coloro che mostrano che gli effetti negativi dell’austerità sono stati molto più ampi di quanto atteso è stata di inviare una lettera ai Ministri delle Finanze dei Paesi EU e al FMI in cui dichiara che queste segnalazioni sono pericolose perché rischiano di “erodere la fiducia”.
Quest’altra considerazione ci porta all’Italia, una nazione che, a causa di tutte le sue disfunzioni, ha subito una politica di sostanziale austerità, e visto la sua economia contrarsi rapidamente come risultato di queste scelte.
Gli osservatori esteri sono terrorizzati dal voto italiano, ed a ragione; anche se l’incubo di un ritorno di Berlusconi al potere non si è materializzato, il forte risultato di Grillo o di entrambi potrebbe destabilizzare non solo l’Italia, ma l’Europa intera. Ma dovranno ricordarsi che l’Italia non è unica: politici discutibili potrebbero avere successo in tutta Europa meridionale. E la ragione per cui questo sta avvenendo é che la rispettabile Europa non vuole ammettere che le politiche che ha imposto ai suoi debitori sono un fallimento disastroso. Se non saranno cambiate, il voto italiano sarà solo un assaggio di una ulteriore pericolosa radicalizzazione.
*da Micromega, il grassetto è di nandocan