In ospedale assistenza spirituale per tutti

Al Sant’Anna di Ferrara rappresentanti di diverse confessioni e degli atei potranno assistere i malati non cattolici. Un diritto fondamentale spesso non garantito.

 


di Gaëlle Courtens,  5 febbraio 2013*
All’Ospedale Sant’Anna di Ferrara dal  7 febbraio faranno regolare ingresso pastori pentecostali, imam, monaci buddisti, ministri di culto sikh, pope ortodossi-romeni, ma anche rappresentanti dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), tutti, insomma, rigorosamente non cattolici, per offrire la propria assistenza spirituale e morale ai ricoverati e ai loro famigliari. Una piccola rivoluzione all’interno dell’Azienda ospedaliero-universitaria del S. Anna di Ferrara, che muove da un fatto ormai consolidato, e cioè che la società italiana oggi è pluralista e multi religiosa. Di qui la «necessità di garantire indistintamente a tutti gli utenti la libertà di culto, di pensiero e di interfacciarsi con un rappresentante della proprio fede e delle proprie convinzioni, soprattutto in momenti difficili quali il ricovero ospedaliero, la sofferenza e il lutto», recita il Protocollo d’intesa tra l’ospedale e la dozzina di rappresentanti di comunità religiose e non religiose presenti sul territorio.

Non solo verrà istituita una “stanza del silenzio” dedicata alla libertà di culto e di pensiero come ce n’è già a Torino, Milano e Roma, ma verrà regolamentata l’assistenza spirituale al malato non cattolico, un diritto fondamentale nel nostro paese purtroppo non sempre garantito, in particolar modo a chi si riconosce in una religione non tutelata da intesa con lo Stato: è il caso, ad esempio, delle due comunità di fede oggi più consistenti in Italia dopo i cattolici, e cioè gli ortodossi romeni e i musulmani. Sì, perché la materia – non essendoci una legge nazionale sulla libertà religiosa – è regolamentata da una parte da leggi regionali, dall’altra dalla normativa sui cosiddetti “culti ammessi” del periodo fascista, emendata da qualche sentenza della Corte Costituzionale e comunque lacunosa su questo punto (così come sull’assistenza spirituale nei penitenziari). Eppure si tratta di momenti nella vita di una persona in cui spesso è più pressante la necessità di un conforto di tipo spirituale, di una parola di speranza e consolazione.

A sottoscrivere giovedì 7 febbraio il protocollo d’intesa insieme al direttore generale del S. Anna Gabriele Rinaldi, saranno rappresentanti ferraresi delle comunità di fede con Intesa (come valdesi e metodisti, battisti, ebrei, avventisti, e ora anche buddisti), e quelli senza tutela giuridica ad hoc (come musulmani, ortodossi romeni, evangelicali, sikh, pentecostali e, per la prima volta anche non credenti). Un provvedimento al passo con i tempi, se non addirittura pionieristico, che riconosce che nella società italiana, e quindi anche tra i malati, la presenza di persone non credenti o di confessioni diverse dalla cattolica è sensibilmente aumentata.

Un traguardo, seppur territorialmente limitato, di cui si dice soddisfatto il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, organo esecutivo dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi: «Le cose stanno iniziando a cambiare grazie al cammino ecumenico fin qui percorso e grazie alla sensibilità di alcuni amministratori pubblici». Sottolineando la natura assolutamente gratuita della prestazione del servizio da parte dei contraenti del protocollo ferrarese, Bernardini tuttavia aggiunge: «Resta ovviamente la differenza col cappellano cattolico incaricato a tempo pieno e retribuito dal sistema sanitario, con tanto di cappella interna. Ma il cambiamento è iniziato».

*da Cronache laiche, il grassetto è di nandocan

 

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