10. “O gente della Scrittura”

da “L’evoluzione di Dio” di Robert Wright*

Maometto a confronto

Il Maometto della Mecca assomiglia, in un certo senso, a Gesù. Non acquisisce mai il potere politico formale di Mosé, e meno che mai quello del re d’Israele Giosia, il quale governava uno Stato maturo e la cui eredità scritturale consisteva nell’approvazione del genocidio contro i miscredenti. E, di certo, il Maometto di Medina non acquisisce mai il potere di un imperatore Costantino. 

Secondo alcuni resoconti, Costantino fece fondere dei chiodi che riteneva essere appartenuti alla croce di Gesù e ne fece ricavare un morso per il suo destriero. Che questa storia sia vera o meno, coglie una verità: forse dimenticando la raccomandazione di porgere l’altra guancia, Costantino aveva usato in un certo senso la croce come un’icona della violenza su vasta scala. 

Non sapremo mai come sarebbe stato Gesù se la sua missione fosse stata coronata dal successo politico prima della crocifissione. E non sapremo mai come sarebbe stato Mosé se fosse riuscito ad avere un esercito potente a sua disposizione. Nel caso di Maometto, sappiamo come andarono le cose: dopo 10 anni di predicazione alla Mecca, si spostò, insieme a un gruppo di seguaci, a Medina (allora chiamata Yatrib). Era sul punto di conquistare un potere effettivo, e le cose stavano per cambiare.

Maometto l’ecumenista

L’impero romano, all’interno del quale si diffuse il cristianesimo, era un impero multinazionale, e il cristianesimo diventa una religione multinazionale. Con la nascita dell’Islam, entrambi questi traguardi – la fusione delle tribù e delle etnie nazionali – sarebbero stati velocemente tagliati. Ai tempi della hijra, il trasferimento di Maometto dalla Mecca a Medina, non esisteva una gestione centralizzata delle tribù medinesi, e ancor meno delle tribù della penisola arabica. All’epoca della sua morte, nel 632, le tribù di Medina, della Mecca e di buona parte delle zone limitrofe dell’Arabia riconoscevano la sua autorità.

Perché potesse governare la città, era bene che tutti i medinesi considerassero Maometto non solo come il difensore del loro diritto di culto, ma come un uomo con una reale autorità divina. Di conseguenza, egli voleva dimostrare ai cristiani e agli ebrei che potevano accettare la validità delle sue parole senza abbandonare le loro tradizioni. 

Il comun denominatore abramitico

(Maometto) Spiegava che Dio “fece scendere la Torah e l’Ingîl, in precedenza, come guida per le genti”, e che ora ha rivelato il Corano, “a conferma di ciò che era prima in esso”. E incoraggiava ebrei e cristiani a concentrarsi sul comun denominatore abramitico: “O gente della Scrittura, addivenite ad una dichiarazione comune tra noi e voi:[e cioè] che non adoreremo altri che Allah, senza nulla associarGli”.

Maometto aveva chiarito la fondamentale posizione musulmana su Gesù quando era alla Mecca: lo aveva celebrato come un grande profeta, ma aveva rifiutato di dire che era il figlio di Dio. Sì, aveva detto, Gesù era stato inviato come un segno da Dio; e sì, era nato da una vergine; ma “non si addice ad Allah prendersi un figlio”… Se la dottrina ebionita circolava effettivamente in Arabia, è probabile che circolassero anche degli Ebioniti, o persone a loro affini. E Maometto potrebbe avere sperato di conquistarli venerando un Gesù semplicemente umano.

Ma la Bibbia un preludio al Corano

Maometto era disposto a far sì che i musulmani non mangiassero carne di maiale, che pregassero rivolti verso Gerusalemme, che avessero addirittura una festa chiamata Yom kippur. Ed era disposto ad accettare il fatto che Gesù fosse nato da una vergine, a definirlo il Verbo e il Messia.

Alla fin fine, però, voleva che ebrei e i cristiani accettassero la sua religione: accettassero il fatto che le loro Scritture, per quanto sacre, fossero state un preludio al Corano; che i loro profeti, per quanto grandi, fossero stati il preludio alla sua persona. Qualsiasi fusione di religioni avesse ipotizzato, non si trattava di una fusione tra pari.


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