da “L’evoluzione di Dio” di Robert Wright*
La “rottura con gli ebrei” ebbe veramente luogo?
Il più antico documento a presentare un racconto coerente su come fosse il primo Islam è una cronaca armena degli anni ’60 del 600 attribuita al vescovo Sebeos. Definisce Maometto un mercante predicatore “ismaelita” che conosceva la storia di Mosé e si presentava agli ebrei “come fosse agli ordini di Dio”. E, in questo racconto, gli ebrei si lasciano convincere: arabi ed ebrei “si riunirono tutti sotto l’autorità di un unico uomo”.
Maometto li sollecita, poi, a riconquistare la loro patria, la terra promessa.”Andate a prendere possesso del paese che Dio diede al vostro padre Abramo, e nessuno sarà in grado di resistervi in battaglia, perché Dio è con voi”. È una prospettiva sconcertante: contrariamente a quanto sostenuto dalla tradizione islamica, e dalle storie costruite in base ad essa, la conquista di Gerusalemme sarebbe stata operata non da un esercito musulmano ma da un’alleanza ebraico-musulmana.
È improbabile che l’idea di uno stato di tensione tra il profeta e gli ebrei medinesi sia del tutto inventata: nel Corano sono presenti troppi versetti che riflettono tale tensione, tensione che si allargò anche ai cristiani, e che è assolutamente comprensibile. Considerate le ambizioni di Maometto, durante i suoi 10 anni a Medina devono esserci stati, come minimo, degli alti e bassi nel rapporto con cristiani ed ebrei.
La jihad
La maggior parte dei giuristi musulmani sostenevano che la guerra santa fosse giustificata solo a seguito di un attacco contro una nazione musulmana. Chi ha ragione? L’Islam è una religione di pace? Di guerra? In un certo senso, la risposta non differisce da quella valida per le altre religioni abramitiche….chiedersi se una determinata religione sia o no una religione di pace sarebbe una domanda assurda.
Non troverete la risposta nel Corano. Benché la forma verbale di Jihad – jahada – compaia spesso nel Corano, il sostantivo Jihad in sé compare solo quattro volte, tipicamente nella frase “sforzo sulla via di Dio”. E, a seconda di quale di questi quattro versetti si sceglie, si potrebbe interpretare la parola Jihad tanto come lotta interiore per la conquista di una disciplina spirituale che come guerra: nel Corano non c’è una “dottrina” della Jihad.

Le sure medinesi sono piene di versetti bellicosi, perché durante gli anni trascorsi nella città Maometto combatté diverse volte. Contengono inviti agli abitanti di Medina a unirsi alla battaglia di Dio, gli assicurano che coloro i quali moriranno in battaglia troveranno posto in paradiso; vi sono esortazioni a seminare il terrore nel cuore degli infedeli, a massacrarli, a tagliar loro la testa. Questi versetti non lasciano dubbi circa il fatto che, a volte, Maometto ritenesse di essere autorizzato da Dio a uccidere chi non si fosse convertito all’Islam.
Il Corano e la guerra
Il Corano contiene numerosi versetti che si prestano a citazioni erronee. Ripetutamente, Maometto fa delle dichiarazioni che, decontestualizzate, suonano assolutamente bellicose. Dopodiché fornisce il contesto. Così: “e non credano di vincere, i miscredenti…preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro”. Poi, circa 30 parole dopo: “Se inclinano alla pace, inclina anche tu ad essa, e riponi la tua fiducia in Allah”.
Maometto perseguiva una politica estera espansionistica, di cui la guerra era un elemento chiave. Tuttavia, allo scopo di perseguire una tale politica con successo – e lui ebbe indubbiamente successo – bisogna avere un approccio prudente nei confronti della guerra. Considerando Maometto in questa luce, cioè come un leader politico che diede abilmente origine a un impero, i brani del Corano che riguardano la guerra sono del tutto sensate. Si tratta, semplicemente, di strategie imperialistiche come quelle adottate dalle grandi potenze nel corso della storia.
Nella versione forte della dottrina, che si concretizzò oltre un secolo dopo la morte del profeta, il mondo è diviso tra la “Casa dell’Islam” e la “Casa della Guerra”. La Casa della Guerra è la parte del mondo che ancora patisce nella miscredenza nonostante la dottrina islamica l’abbia raggiunta. È chiamata Casa della Guerra perché il capo dell’Islam ha il dovere di combattervi.
Realpolitik
Se la duttilità delle scritture appare, per certi versi, negativa, per altri versi può essere considerata positiva: quando i propri interessi contrastano con quelli di un altro gruppo, è possibile trovare nelle Scritture il beneplacito per l’ostilità; quando, invece, i propri interessi sembrano coincidere con quelli di un altro gruppo, si può trovare in Dio un invito alla tolleranza.
In realtà, alcuni cristiani preferivano i nuovi governanti musulmani ai vecchi governanti cristiani. L’impero bizantino aveva combattuto le sette cristiane eretiche, mentre per i musulmani un cristiano era un cristiano: purché pagassero le tasse, gli eretici potevano professare il culto che volevano…Intorno al settecento i governanti musulmani vietarono la conversione all’Islam, al fine di scongiurare un crollo delle entrate.
Tutto sommato, però, come ha osservato lo studioso Claude Cahen, nel corso dei secoli l’Islam ha dimostrato maggiore tolleranza verso gli ebrei di quanto abbia fatto l’Europa cristiana. (continua)